Bere il latte non determina un aumento della colesterolemia, ovvero dei livelli nel sangue del colesterolo. E’ quanto emerge da uno studio pubblicato recentemente (maggio 2021) sull’International Journal of Obesity.
Il tema è sicuramente stato sempre oggetto di grande dibattito, e spesso i miei pazienti affetti da ipercolesteremia mi raccontano di precise indicazioni nel limitare il latte in quanto peggiorerebbe la concentrazione di colesterolo nel sangue. Il latte vaccino intero (100 g) apporta64 kcal, 3,3 g di proteine, 3,6 g di lipidi, 11 mg di colesterolo e 4,9 g di carboidrati.
Ricordiamo prima cosa sia il colesterolo, che ruolo svolga nel nostro organismo e perché un suo eccesso rappresenti un rischio per la salute.
Il colesterolo è un lipide fondamentale in quanto è un componente delle nostre membrane cellulari. Viene inoltre utilizzato come precursore per la sintesi di molecole più complesse, come gli ormoni sessuali. Lo possiamo assumere con la nostra dieta, ma il nostro corpo è comunque in grado di sintetizzarlo. Negli ultimi decenni la ricerca ha sempre più studiato il ruolo del colesterolo poiché il suo eccesso a livello ematico ne causa l’accumulo a livello delle pareti dei vasi sanguigni (patologia nota come aterosclerosi). Questo accumulo, nel lungo periodo, causa un restringimento del vaso sanguigno con conseguente riduzione del flusso di sangue. Questa riduzione può condurre ad infarto ed ictus. Mantenere nei limiti suggeriti dalle Istituzioni Sanitarie le LDL è molto importante per ridurre il rischio cardiovascolare e, quando necessario, è fondamentale assumere un farmaco ipocolesteremizzante prescritto dal medico.
Torniamo ora al latte: lo studio sopracitato, peraltro pubblicato su una prestigiosa rivista scientifica, sostiene che il latte non sembrerebbe determinare un aumento dei livelli di colesterolo ematico. In particolare, i ricercatori hanno esaminato un ampio campione di popolazione del Regno Unito, per un totale di quasi due milioni di persone coinvolte, valutando, attraverso un approccio combinato tra fattori genetici e questionari sulle abitudini dietetiche, se vi fosse correlazione tra consumo di latte e rischio cardiovascolare.
E’ stato interessante valutare la componente genetica. Tale approccio ha previsto l’indagine della presenza di una variante del gene codificante l’enzima lattasi, l’enzima indispensabile per la corretta digestione del lattosio. Infatti, la presenza di questa variante identificava i consumatori abituali di latte, garantendo un sistema di controllo oggettivo rispetto alle dichiarazioni di ciascuno relative delle proprie abitudini.
I risultati evidenziano come nei consumatori abituali di latte si riscontrasse un IMC (indica di massa corporea, in inglese BMI) più elevato, così come un aumento della massa grassa, senza però variazioni significative di colesterolo totale, HDL e LDL.
Tra le spiegazioni possibili, secondo i ricercatori, è che il calcio e il lattosio contenuti nel latte possano avere un impatto sul metabolismo lipidico. Un’altra ipotesi, possibile, è che l’assunzione di latte aumenti l’escrezione degli acidi biliari portando così a una degradazione del colesterolo epatico: infatti, il fegato per produrre gli acidi biliari che sono poi inclusi nelle bile, impiega come precursore proprio il colesterolo. Infine, un’ultima spiegazione, riguarda una possibile azione sul microbiota intestinale in grado di alterare i processi di sintesi del colesterolo.
Bibliografia
- Vimaleswaran, K.S., et al. Evidence for a causal association between milk intake and cardiometabolic disease outcomes using a two-sample Mendelian Randomization analysis in up to 1,904,220 individuals. Int J Obes 45, 1751–1762 (2021).
- https://www.epicentro.iss.it/colesterolo/#:~:text=Il%20colesterolo%20%C3%A8%20una%20sostanza,costituente%20delle%20membrane%20delle%20cellule.
- Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria. Tabelle di composizione degli alimenti