Parliamo di coronavirus, o forse sarebbe meglio chiamarlo SARS-Cov-2, il suo vero nome.
Molte persone hanno avuto la sfortuna di conoscerlo bene: alcuni lo hanno contratto e sono guariti, altri purtroppo non ce l’hanno fatta, altri ancora conoscono qualcuno che lo sta combattendo.
In genere la malattia si manifesta con sintomi quali raffreddore, mal di gola, tosse secca e febbre; nei casi più seri con polmonite e difficoltà respiratorie.
I pazienti hanno riferito, in un elevato numero di casi (oltre il 50%), alterazioni acute dell’olfatto (anosmia) e del gusto (ageusia), in particolare una riduzione o una perdita dei due sensi. Il fenomeno è stato riscontrato anche in un alto numero di soggetti positivi al tampone, nonostante l’assenza di altri sintomi tipici della malattia.
Non è stato ancora possibile comprendere fino in fondo il significato clinico dell’anosmia e ageusia. Riuscirci significherebbe comprendere diversi aspetti dell’azione del virus sull’organismo e stabilirne i termini del contagio.
Tuttavia, sono già in corso utili discussioni sulle prime ipotesi.
Ognuno di noi ha sperimentato l’esperienza della perdita di olfatto e gusto per colpa di un generico raffreddore. Ma nei pazienti affetti da COVID-19, la perdita di olfatto e gusto si presenta in maniera del tutto peculiare.
Secondo gli esperti questi sintomi potrebbero rappresentare un campanello d’allarme utile per individuare le persone potenzialmente contagiate. Una scorciatoia che permetterebbe, con un sensibile anticipo, di accertare la malattia (per mezzo di tampone rinofaringeo) ed isolare i casi positivi.
Cosa accade per l’olfatto?
Spieghiamo prima come percepiamo gli odori.
Nel naso ci sono i chemorecettori: particolari cellule deputate alla ricezione degli odori. Queste cellule sono neuroni altamente specializzati, dotati di un “ciuffo di ciglia” collegati tramite fibre nervose ai bulbi olfattivi. Il bulbo olfattivo si mette a sua volta in comunicazione con il cervello innescando la percezione dell’odore.
All’interno della mucosa olfattiva, le molecole odorose vengono rese solubili (si sciolgono) prima di fissarsi sulle ciglia dei neuroni: è questo fenomeno che innesca il messaggio nervoso dello stimolo odoroso che, passando attraverso i bulbi olfattivi, raggiunge il cervello.
L’ipotesi, basata anche sulla conoscenza degli altri virus della stessa famiglia, è che questo virus entrando nella cellula danneggi la struttura del recettore ed in particolar modo la struttura cigliata. Ciò determina l’alterazione della percezione degli odori.
Ma perché un virus dovrebbe scegliere questa via d’ingresso?
L’organizzazione anatomica del sistema olfattivo umano lo rende particolarmente “attraente” per i patogeni (virus, batteri e parassiti). Infatti, questo sistema è direttamente connesso al sistema nervoso centrale, e ciò può rappresentare un’occasione per i patogeni neurotropici (che attaccano cioè il sistema nervoso).
Diversi studi confermano la teoria secondo cui i coronavirus già noti alla scienza abbiano questa tendenza ad infettare il sistema nervoso centrale. Il fatto che questo virus interagisca con il sistema olfattivo fa sorgere il sospetto che possa anch’esso avere tropismo per il sistema nervoso centrale.
E per il gusto, cosa accade?
Le strutture che permettono di percepire il sapore di ciò che introduciamo nella bocca sono dei recettori sensoriali altamente specializzati: si chiamano calici, bottoni e papille gustative e si trovano sulla lingua, sul palato, nella faringe e nella laringe. In particolare, sulla superficie della lingua si possono distinguere aree specifiche deputate alla percezione di amaro, acido, dolce e salato. I diversi recettori comunicano con il sistema nervoso centrale attraverso tre vie nervose.
Nella percezione dei sapori è fondamentale, oltre al senso del gusto, il ruolo svolto dal sistema olfattivo: durante l’espirazione, infatti, alcune particelle degli alimenti introdotti in bocca vengono espulse dal naso e vanno a stimolare i recettori olfattivi, che partecipano all’individuazione dei diversi gusti. Come abbiamo visto, dunque, l’alterazione dell’olfatto può influire notevolmente anche sul senso del gusto.
Il recupero della percezione ottimale del gusto e dell’olfatto, in considerazione della tipologia del danno, è piuttosto lento e non è detto che in tutti i pazienti sia completa.
Comprendere meglio questi meccanismi può essere importante per conoscere e combattere in modo efficace questo virus, ma sono necessari nuovi studi ed è necessario seguire i pazienti durante tutta la durata della malattia.
BIBLIOGRAFIA
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC7134577/
https://www.preprints.org/manuscript/202004.0272/v1 (doi:10.20944/preprints202004.0272.v1)
https://www.medrxiv.org/content/10.1101/2020.05.03.20082818v1.full.pdf