Nell’ultimo periodo si parla sempre più spesso del digiuno intermittente come strategia dietetica efficace nel perdere peso e prevenire alcune patologie. Ma è adatta ad uno sportivo? Compromette le prestazioni? In quest’ articolo focalizzeremo la nostra attenzione su questa pratica dietetica in relazione allo sport.
Con digiuno intermittente intendiamo una serie di protocolli fondati su digiuni di breve durata che hanno l’obbiettivo di migliorare le condizioni di salute, prevenire alcune patologie e perdere peso. I protocolli possono prevedere:
- – un digiuno di 16-20 ore con una finestra di accesso al cibo di 4-8 ore. Questa strategia è applicabile anche quotidianamente.
- – Un digiuno di 24-30 ore da attuare almeno due volte al mese, e con un massimo di due volte a settimane.
- – Oppure, come in alcuni studi, ci si può alimentare normalmente un giorno alternandolo ad un giorno di digiuno o di restrizione calorica (600-700kcal).
Da un punto di vista evoluzionistico, questa strategia assume interesse: infatti, fino a qualche generazione fa il cibo era scarsamente disponibile e difficilmente abbondante per la maggior parte della popolazione. Gli individui trascorrevano, obbligatoriamente, periodi di digiuno a causa della difficoltà ad accedere al cibo. Molto spesso, pur non digiunando, avevano un consumo calorico molto basso, intorno alle 600-800 kcal. Questa condizione evolutiva, ha fatto si che il nostro organismo si sia mal adattato all’enorme disponibilità di cibo del mondo attuale, spesso associato ad una vita sedentaria.
Ma cosa accade al nostro organismo quando digiuniamo?
Durante il digiuno ben pianificato (vedi sopra) si verifica una riduzione del grasso corporeo, senza una significativa riduzione della massa magra. Ricordo, che preservare la massa magra è fondamentale. Quando il digiuno è ben pianificato, e dura dunque al massimo 20-24h i trigliceridi stoccati nel tessuto adiposo vengono mobilizzati per fornire energia. Le proteine, come fonte energetica, assumono significato in periodi più lunghi. [1]
Quali vantaggi può offrire questa strategia?
Studi condotti sui modelli animali (principalmente topi e scimmie) suggeriscono che il digiuno intermittente e la restrizione calorica rallentano alcuni processi d’invecchiamento, e sembrerebbero aumentare l’aspettativa di vita delle cavie. Ad esempio, recenti studi, hanno evidenziato una significativa efficacia nel ridurre alcuni marcatori di infiammazione: in uno studio, un gruppo di adulti in sovrappeso asmatici (BMI > 30) è stato sottoposto ad una strategia dietetica che prevedeva una libera alimentazione per alcuni giorni, alternati ad una restrizione calorica per i restanti. Dopo 8 settimane, i sintomi della malattia erano migliorati, ed si era registrata una riduzione dei lipidi del sangue (colesterolo e triglceridi), dei livelli dei marcatori di infiammazione (ad es. TNFalfa) e dei marcatori dello stress ossidativo. [2] [4]
Come già dimostrato dallo studio precedente, questa strategia permette di migliorare il profilo lipidico del sangue: gli studi hanno dimostrato una riduzione del colesterolo LDL e una riduzione dei trigliceridi. Effetti significativi sono emersi anche sul metabolismo dei glucidi, con una riduzione significativa della glicemia e una migliore sensibilità insulinica. Una recente revisione suggerisce anche la potenzialità di questa strategia dietetica nel ridurre il rischio di sviluppo di diabete di tipo II nella popolazione obesa e sovrappeso, anche se studi più mirati devono ancora essere condotti. [3][4][5]
Globalmente, il digiuno intermittente sembra dunque essere una strategia interessante nel migliorare il proprio stato di salute, migliorando la tolleranza al glucosio del nostro organismo, migliorando il profilo lipidico e riducendo l’infiammazione.
Ma nello sport?
Molti degli studi sono stati condotti su atleti che osservano il ramadan. Questi soggetti, per motivi religiosi, si astengono dal consumo di cibo dall’alba al tramonto, divenendo dunque un ottimo modello di studio per i professionisti del settore. Sebbene sia un ambito nuovo e ancora da esplorare, iniziano ad essere pubblicate ricerche interessanti.
Una di queste, condotta da Grant e colleghi nel 2017 [6], ha previsto un confronto con un programma di allenamento di forza di otto settimane fra un gruppo che praticava un protocollo di digiuno intermittente (finestra temporale di accesso al cibo di 4h) con un gruppo con una dieta normale. Lo studio ha valutato la composizione corporea e la forza muscolare. Nonostante l’accesso al cibo fosse libero per tutte le 4h, gli atleti vincolati a questa strategia hanno assunto in media 650kcal in meno rispetto al controllo. Lo stesso gruppo, al termine dello studio, ha avuto un guadagno di massa muscolare superiore rispetto al controllo, ed ha avuto un aumento maggiore della forza. Questo studio ha dimostrato che la riduzione dell’apporto energetico e la particolare distribuzione dei pasti, non solo non ha avuto un impatto negativo sulla massa muscolare e sulla forza, ma ha migliorato entrambi i parametri. [6]
Un altro studio ha valutato l’impatto del Ramadan sulle performance neuromuscolari e i tempi di reazione in un gruppo di giovani karateka. Gli atleti sono stati testati in condizioni di normale alimentazione (1 settimana prima dell’inizio della pratica del Ramadan), dopo una settimana dall’inizio del Ramadan e dopo quattro settimane. Lo studio, oltre alle valutazione neuromuscolari e dei tempi di reazione, ha indagato l’introito dietetico e le misure antropometriche. Nonostante l’apporto calorico degli atleti osservanti il ramadan sia risultato essere superiore, non si sono rilevate variazioni significative della massa corporea. Inoltre, oltre a non peggiorare le misure antropometriche, l’osservanza del Ramadan non ha peggiorato la performance neuromuscolare e la fatica cognitiva. Questa strategia dietetica non influisce quindi sul numero delle fibre muscolari reclutate e nemmeno sulla capacità contrattili delle stesse. Bisogna però sottolineare che il periodo di alimentazione temporalmente limitata è stato di solo un mese, e che la prestazione di un atleta ben allenato potrebbe risentirne in tempi più lunghi. Oltre a ciò, le prestazioni si conservano probabilmente anche grazie alla supercompensazione in termini di calorie assunte e acqua introdotta che si verifica durante il periodo durante il quale è concesso alimentarsi. [7]
In un altro studio, meno recente (2013) e condotto su un gruppo di giovani calciatori, è stato valutato se sia opportuno diminuire il volume di allenamento durante il digiuno intermittente caratteristico del Ramadan (RIF). I calciatori osservanti il RIF sono stati divisi in due gruppi, uno dei quali manteneva lo stesso volume allenante mentre l’altro si sottoponeva ad allenamenti di minor volume. Sono stati condotti test per misurare la forza muscolare e la potenza in quattro tempi diversi: 1 mese prima del RIF, 1 settimana prima, due settimane dopo e alla fine del RIF. E’ emerso che il gruppo che si sottoponeva a carichi allenanti inferiori poteva aumentare le proprie prestazioni atletiche, aumentando in modo significativo sia la forza che la potenza. La riduzione dei carichi di lavoro, probabilmente, determina una minore disidratazione e preserva maggiormente le scorte di glucosio. [8]
Un ultimo studio, ben condotto, che vorrei descrivere è invece stato condotto da un gruppo di ricerca diretto dall’Università di Padova. Nello studio sono stati reclutati 34 atleti di forza e sono stati suddivisi in due gruppi: uno che si alimentava normalmente, e l’altro che aveva possibilità di alimentarsi in una finestra temporale limitate di sole 8 h. In particolare, questo gruppo assumeva tre pasti (1 p.m. ; 4 p.m. ; 8 p.m.). I due gruppi seguivano la stessa dieta, quindi stesso apporto calorico e distribuzione dei macronutrienti, e seguivano lo stesso protocollo di allenamento. Gli atleti sono stati testati all’inizio dello studio e dopo 8 settimane, ed è stata misurata loro la composizione corporea mediante metodica DEXA. Inoltre, sono state rilevati alcuni parametri ematici. Alla fine del periodo di studio, nel gruppo che seguiva il digiuno intermittente si rilevava una diminuzione della massa grassa quando comparati all’altro gruppo, mentre la massa magra e la massima forza espressa rimanevano costanti dei gruppi. Nel gruppo di studio diminuivano anche i marcatori ematici infiammatori e dei trigliceridi, ma anche gli ormoni anabolici come il testosterone e l’IGF-1. Assume particolare interesse la riduzione della massa grassa nonostante l’apporto calorico fosse lo stesso. Questo potrebbe essere spiegato dal fatto che l’IF determini un aumento di un mediatore prodotto dal tessuto adiposo, l’adiponectina, che stimola la biogenesi mitocondriale (la centrale energetica delle nostre cellule) e aumenta la spesa energetica. Sebbene invece si verifichi un riduzione di alcuni ormoni anabolici, la massa magra totale non diminuisce, ciò probabilmente a causa di un adeguato apporto calorico. [9]
Come concludiamo ?
Il digiuno intermittente è una strategia sicuramente meritevole di attenzione soprattutto nei soggetti con malattie metaboliche, quali dislipidemia e insulino-resistenza. Sebbene non sia sempre psicologicamente sostenibile (non è certo semplice sostenere periodi di digiuno), i vantaggi che offre possono far si che questa strategia venga presa seriamente in considerazione per alcuni soggetti.
Gli studi, sebbene ancora preliminari e non conclusivi, sono incoraggianti anche per il soggetto sportivo. Infatti, una strategia di questo tipo non sembrerebbe compromettere le prestazioni atletiche e cognitive degli atleti quando praticate per massimo 8 settimane. Per periodi più lunghi mancano gli studi. Un probabile vantaggio è la riduzione della massa grassa dell’atleta, preservando allo stesso tempo la massa magra. Questo permette all’atleta di migliorare la propria composizione corporea, preservando le prestazioni. In alcuni sport la riduzione della massa grassa può anche tradursi in un incremento della prestazione (basti pensare agli sport di endurance). L’altro vantaggio importante è il miglioramento di alcuni parametri metabolici: molti studi sembrano concordare nell’attribuire a questa strategia la capacità di migliorare il profilo lipidico, la tolleranza al glucosio e di ridurre lo stato infiammatorio del soggetto. Per quest’ultimo motivo, questa strategia, potrebbe essere una valida scelta in quegli atleti che presentano indagini emato-chimiche alterate.
Un’ultima considerazione: questa strategia, deve essere “cucita” sulle caratteristiche del soggetto, e pertanto è vivamente consigliato affidarsi ad un professionista serio ed esperto per poterla attuare in sicurezza traendone i benefici. Attuarla in modo approssimativo può comportare un peggioramento dello stato di salute, perdita di preziosa massa muscolare e un sicuro calo delle prestazione atletiche e cognitive.
Referenze
[1] https://michelsonmedical.org/2014/12/26/igf-1-fasting-discussion-valter-longo/
[2] Johnson JB et al. Alternate day calorie restriction improves clinical findings and reduces markers of oxidative stress and inflammation in overweight adults with moderate asthma. Free Radic Biol Med. 2007 Mar 1;42(5):665-74.
[3] Varady KA et al. Improvements in LDL particle size and distribution by short-term alternate day modified fasting in obese adults. Br J Nutr. 2011 Feb;105(4):580-3
[4] Rothschild J. Et al . Time-restricted feeding and risk of metabolic disease: a review of human and animal studies. Nutr Rev. 2014 May;72(5):308-18.
[5] Barnosky AR . Intermittent fasting vs daily calorie restriction for type 2 diabetes prevention: a review of human findings. Transl Res. 2014 Oct;164(4):302-11.
[6] Grant M
et al. Time-restricted feeding in young men performing resistance training: A randomized controlled trial. European Journal of Sport Science, 2017
Vol. 17, No. 2, 200–207
[7] Zarrouk et al. Ramadan fasting does not adversely affect neuromuscular performances and reaction times in trained karate athletes . Journal of the International Society of Sports Nutrition (2016) 13:18
[8] H. Rebaï et al. Reducing Resistance Training Volume during Ramadan Improves Muscle Strength and Power in Football Players. Int J Sports Med 2014.
[9] Moro et al. Effects of eight weeks of time-restricted feeding (16/8) on basal metabolism, maximal strength, body composition, inflammation, and cardiovascular risk factors in resistance-trained males .J Transl Med (2016) 14:290